Il mio studio è situato al piano strada. Un ex salumeria prima e sala da biliardo poi, ora trasformato in “sala giochi” per creativi, architetti, pensatori e “fancazzisti”.
Un luogo dove con alcuni giovani cosentini, dalle apparenti belle speranze, abbiamo dato vita alla Centrale dell’Arte ora lacentraledellarte.org.
In questo luogo son passati “tutti” o quasi “tutti”. In più di 15 anni la maggior parte delle “intelligenze cosentine” almeno una volta son passate. Riunioni, interviste, mostre, cineforum chi più ne ha più ne metta in meno di 60 mq. Tanti progetti e tante utopie.
Sono le 10 e trenta del mattino, terzo caffè.
R.B: L’architetto De Rose?
F.P.D: Si!?
R.B: Buongiorno, sono Roberto Bilotti
F.P.D: Si!? Buongiorno.
L’imbarazzo è reciproco, l’avverto dal tono del mio interlocutore. Ma a voler misurare bene direi che, il mio imbarazzo, è molto simile a quello di un ragazzino che è stato scoperto a sbirciare sotto la gonna di una suora durante l’udienza del Papa.
R.B: Senta architetto, la chiamo a proposito degli articoli che in questi giorni hanno invaso la rete a proposito dell’incendio e sulla mia persona. Non capisco perché tanto accanimento verso di me.
Non mi rimane che annuire, e nel frattempo penso se è il caso di chiamarlo marchese, signore o dottor Bilotti.
“Non capisco la logica di questa concentrazione di commenti e articoli negativi su di me” con tono pacato Bilotti incalza “quando, alla fine dei conti, anch’io sono vittima. La mia casa, le mie cose.”
Annuisco nuovamente. Poi d’altronde come dargli torto?
Roberto Bilotti chiaramente provato continua: “Una casa che ho aperto a tutti, l’ho messa a disposizione della collettività, mentre altri le tengono ben serrate.”
Mi fa i nomi di altre famiglie che tengono le loro residenze nel centro storico chiuse.
Famiglie nobili e alto locate che hanno, per dirla in breve, deciso di non curare più le loro proprietà lasciandole ben serrate. Che peccato, penso io, e qui non entro in merito alla questione anche se ci sarebbe molto de chiedere.
Non mi è infatti ancora chiaro se la Residenza Ruggi D’Aragona sia una vera residenza, una vera e propria abitazione cioè, oltre ad essere un luogo per ricevimenti e sede per sedute di laurea e conseguente buffet.
Insomma un mix articolato che per carità ci può stare. Anzi!
Se quei “nobili”, quei signori dell’alta borghesia, investissero tutti nei loro beni, trasformandole magari in imprese, forse una parte del centro storico sarebbe di fatto più animato. Eppure i soldi ci sono, chi dice il contrario racconta il falso o non sa di cosa parla. Fondi della comunità europea, ad esempio, che tornano indietro per mancanza di progetti. Il paradosso assoluto.
Dall’altra parte del filo il tono si mantiene pacato e sempre più disteso anche se un misto tra rabbia e preoccupazione rimane costante. Io mi offro come ascoltatore attento e il Bilotti incalza:
“E poi sulla questione della Casa delle Culture, sulla mostra Cosenza nell’Ottocento, io ho fatto di tutto per raccogliere parte della collezione della mia famiglia e quella che gli eredi di Telesio mi hanno gentilmente donato, cimeli e fotografie originali che all’inaugurazione sono state esposte anche con una certa perizia.
Poi abbiamo deciso di sostituire alcune foto con copie, non potevo lasciare tutto lì. Non ci sono condizioni di sicurezza adeguate e poi molte delle foto originali sono talmente piccole … ci vorrebbe un serio allestitore.”
Qui prendo la palla in balzo e intervengo: “Beh! Dottor Bilotti” decido per il titolo professionale “la mostra è davvero brutta, senza testa e ne coda. Ho portato un amico australiano a visitarla e non so cosa gli sia rimasto nella memoria dopo aver completato la visita. Lucernari rotti, foto rovinate dalla pioggia, percorso non leggibile etc. etc.” e poi subdolamente mi offro “mi scusi poi con le risorse professionali che ci sono sul nostro territorio un allestitore non si trova?.” Uno come me per esempio lascio intendere.
Qui il post sulla mostra "Cosenza nell'Ottocento"
Ma penso anche alla Casa delle Culture di quasi venti anni fa! L’energia che agli inizi della sua istituzione correva su e giù tra quelle mura. Che fine ha fatto quel progetto? Naufragato, affossato. Come recuperare quella forza e soprattutto quell’idea? L’Evelina Catizone di oggi sembra aver dimenticato tutto. Tace, come tacciono Luca Scornaienghi, Luca Ardenti e tanti altri che allora animavano quel luogo, ormai seduti nella loro comoda posizione preferiscono non ricordare. Niente di male, anzi quello che fanno ora con il Museo del Fumetto è per me una pregevole operazione da prendere come modello.
Ma la Casa delle Culture era un’altra cosa! Li sembrava che tutto era possibile, sembrava l’inizio di una grande rinascita. Vi ricordate ad esempio il festival delle Invasioni alle prime edizioni? E vi ricordate dei workshop con i Mutoid alla Villa Vecchia? Che fine ha fatto quella verve socialista? Tutto falso? Cosa è andato storto?
Nella foto si può osservare in primo piano, sulla confluenza, l’opera che i Mutoid, assieme a chi scrive ed altri artisti cosentini, hanno realizzato. L’opera rappresentava la confluenza dei fiumi e la rinascita della città.
In alto una crisalide, realizzata da me, a rappresentare la rinascita di Cosenza. Che fine ha fatto la scultura? Vi ricordate quando Luca Scornaienghi in costume da bagno, tutto verde iguana “cavalcava” la scultura?
Quali “strade del paesaggio” ha intrapreso quel progetto?
… la telefonata continua