I cosentini vogliono sapere.
E ci sarebbe molto da raccontare ai cosentini che hanno questa voglia irrefrenabile di sapere.
Oggi ad esempio i cosentini vogliono sapere: Questo museo all’aperto, questo MaB, quanto vale? Di chi è? E soprattutto a “caval donato” è possibile dare un’occhiata in bocca?
Suppongo che quelli che si pongono queste domande, son gli stessi che affollano le sale dei musei cittadini, sono quelli che tengono a cuore la formazione dei loro figli tanto da chiedere per loro più arte, più cultura e soprattutto più educazione nella città dei Bruzi. Che si arrabbiano se trovano un museo chiuso in estate quando, allo stesso tempo, i politicanti inneggiano alla cultura come base per lo sviluppo della città e della regione.
Quei cittadini pronti a fare barricate se un museo come quello dei Brettii e degli Enotri, ad esempio, ha una parte del tutto inagibile e transennata da molto tempo. Che denunciano come la Biblioteca civica a Cosenza sia da anni mal gestita, che non corrono dietro al senatore Morra che della biblioteca ne fa una bandiera durante l’elezioni comunali, per poi scomparire dalle viuzze della sua “amata” Cosenza per il resto dell’anno.
Che son imbarazzati nello scoprire quanta ignoranza circola nelle stanze di coloro che “governano la cultura”.
Quelli che hanno un curriculum sudato e si vedono soffiare sotto il naso l’ambito posto di lavoro da chi il curriculum l’ha tutto improvvisato o addirittura copiato. Quelli aperti al dialogo e alle riflessioni, aperti alle collaborazione, che son tutto tranne che individualisti.
Quei cosentini che se gli proponi un progetto culturale l’apprezzano e ne riconoscono l’originalità, anziché denigrarlo per poi appropriarsene. Quei cosentini che non usano la cultura e l’arte come argomento per stuzzicare la “pancia” della città e aizzarla contro il potere, solo per trarne benefici da mani occulte. Quei cosentini che non disprezzano l’arte, e chi la fa, utilizzando frasi che rasentano l’omofobia del tipo: “è roba da gay”. Quelli che non usano il moralismo da quartiere per nascondere la propria immoralità.
Quei cosentini che pensano a risolvere i problemi ponendo progetti alternativi.
Quei concittadini che son seriamente preoccupati di come il patrimonio storico e culturale della città stia andando a fuoco, assieme a tanta povera gente.
A questi cosentini bisogna dare una risposta e pure in fretta. Alle persone che vogliono dare un contributo fattivo facendo il proprio mestiere, senza essere costretti a fuggire altrove per sbarcare il lunario, bisogna rispondere.
La questione del MaB, ora al centro dell’attenzione, è strettamente legata all’identità culturale dei cittadini.
Un museo è un organismo vivente e per tanto, attivo attraverso il quale bisogna promuovere l’inclusione sociale, la cittadinanza attiva e solidale, in quanto espressione della società di un territorio, possa riconoscere i propri bisogni ed aspirazioni ed identificare di conseguenza, i correlati obiettivi ed azioni di soddisfacimento … il museo non come mero consumatore ma come cittadino attivo che ha il diritto di essere coinvolto in una adeguata politica d’educazione, atta non soltanto a preparare il fruitore al rito della visita affinché l’arte non sia ridotta a spettacolo e i musei a mattatoio culturale, ma anche ad accrescere il senso di appartenenza della comunità alle proprie radici.
Questo brano, tratto da Musei e cittadini: nuovi istituti per rinnovati valori (di F. Giaccari, F. Imperiale, V. Terlizzi, C. Gionfalo), da una risposta iniziale a chi si chiede quale sia il valore vero di un museo al di là delle collezioni che esso può contenere.
Alla nascita del MaB si sollevarono pareri contrastanti, forti polemiche. Soprattutto alla notizia che corso Mazzini sarebbe stata chiusa al traffico i commercianti, allora, sollevarono immensi polveroni mettendo in discussione il valore culturale dell’operazione, adombrando il significato profondo che si cela dietro una simile operazione.
Oggi, gli stessi negozianti, farebbero carte false pur di non rinunciare all’isola pedonale e quindi al MaB.
Evidente è come l’idea iniziale, nel tempo, si sia trasformata (non ci sono ad esempio più le stesse basi interattive che avrebbero reso ancor più unico il progetto) e quella idea di catalizzatore culturale ha lasciato il posto sempre di più a quello di centro commerciale con museo. Questo punto di vista contribuisce a indebolire il senso d’appartenenza e la cittadinanza attiva, a cui si faceva riferimento nel brano citato precedentemente, sembra lasciarsi abbagliare dalle luci delle vetrine, dagli interessi che si celano dietro l’operazione di donazione delle opere, più che dal valore culturale e educativo del museo.
Qui, ora, bisogna fare chiarezza e entrare nel vivo delle polemiche cercando di ottenere delle risposte e avviare, pertanto, un processo costruttivo trasparente e democratico. Poniamo a noi stessi, come cittadini, alcune domande:
Che valore ha il MaB per i cosentini?
Perché se vogliamo misurare quanto sia realmente condiviso l’affezione verso i beni comuni e in quanti si riconoscono nella trasformazione alla quale la città si sta avviando, è bene porsi alcuni quesiti e cercare di fare in modo di creare un fronte unico per il miglioramento del sistema. Porsi invece delle domande sul valore economico che ha nel suo complesso il museo all’aperto, tradendo una chiara volontà a creare conflitti inutili, secondo la mia modesta opinione non porta a nulla. Del resto è possibile fare una ricerca su internet e scoprire quali altri musei vengono assicurati per lo stesso valore (o un valore piuttosto irrilevante rispetto al valore di mercato delle opere) ed indagare e magari allargando la discussione, coinvolgendo esperti in materia assicurativa e di stima delle opere d’arte, basterebbe per ricevere delle risposte. Alcuni potrebbero per esempio essere illuminati, nel conoscere, la differenza che c’è tra valore di mercato e e valore di stima.
Ad esempio come mai Il Museo della Repubblica Romana e della Memoria è assicurato per una somma di 30.000,00 euro, il Casino dei Principi, dei Musei di Villa Torlonia, è assicurato per una somma di 50.000,00 euro e Il caveau dei Musei capitolini è assicurato per € 100.000,00?
Se poi vogliamo ancor di più approfondire, basta pensare che un museo al chiuso, con sistemi di sicurezza adeguati, come la galleria d’arte Moderna di Roma Capitale, che contiene una collezione di dipinti straordinari tra le quali opere di Sironi, Arturo Martini e Giorgio De Chirico, opere dal valore di mercato incredibilmente alto (un’opera di De Chirico vale, sul mercato, da solo più di 2.000.000,00 di euro), viene assicurato per 5.800.00,00 euro, nemmeno la metà del valore complessivo delle opere presenti nella galleria. Il Museo Bilotti, un altro esempio, è assicurato per un valore di 3.300.000,00 euro. Una cifra che non ricopre l’intero valore della collezione presente nel museo. L’altra questione è quella del riconoscimento da parte di organismi come il Mibact, anche qui una semplice ricerca tra le maglie del web ci può dare una risposta.
Il MaB Museo all’aperto Bilotti – è’ stato istituito con delibera di Giunta n° 64/2007 e ha tra i compiti quello di occuparsi della “manutenzione, la sorveglianza e la tutela in genere” e di “favorire la formazione e la coscienza culturale”. La delibera elenca i dirigenti responsabili e prevede la partecipazione al comitato e a tutte le scelte di natura pratica e scientifica di un rappresentante della famiglia: oggi, invece, ne veniamo esclusi. L’allora amministrazione ci aveva riconosciuto un ruolo scientifico quali operatori culturali, alla pari del Comune di Roma che demanda l’operatività scientifica del Museo Bilotti all’Aranciera di villa Borghese al comitato pubblico/privato di cui faccio parte nell’ambito della Sovrintendenza capitolina; faccio parte del gruppo di lavoro del ministero per i Beni e le Attività culturali e sono uno dei sei giudici del concorso mondiale dell’Unesco… – risposta che nel 2013 venne data, al sito l’ora siamo noi, dallo stesso Roberto Bilotti. L’anno precedente il MiBact inserisce il museo in un volume, edito da Gangemi, dal titolo I luoghi del Contemporaneo 2012.
Insomma rimane la questione delle donazoni. Cosa ci si guadagna a donare? Bene io personalmente ho una risposta un po’ elaborata, che non esaudisce al completo la sete di sapere mia e di altri miei concittadini.
Ma ho un’ultima domanda da fare alla vertiginosa macchina che si costruisce per infangare senza criterio, o forse per invidia.
Che ci si guadagna a donare, di volta in volta, veleno cercando a tutti i costi il mostro da mettere in prima pagina, sostituendovi alla magistratura?
Da cosentino vorrei concludere, con alcune considerazioni il Museo all’aperto Bilotti e in generale il sistema museale della città.
Il sistema si presenta frastagliato e promosso maldestramente. Il Progetto del Mab, ad esempio, ha un sito che viene presentato come ufficiale quanto di fatto non lo è, non vi sono infatti informazioni sufficienti e sembrerebbe non essere in nessun modo legato alla pagina istituzionale dedicata su portale turismo. Questo non aiuta le ricerche per chi vuole sapere. La mancanza di un ufficio predisposto a riconfigurare e omogeneizzare la comunicazione sembrerebbe quanto mai utile.
Il museo privato delle sue basi interattive è di fatto un progetto “castrato”, manca una guida e delle schede che accompagnino il visitatore nella visita. Poi parliamo delle automobili come quelle della polizia o quelle della manutenzione che secondo me dovrebbero essere ridimensionate. Alternativa? Golf Card o Cavalli! Si eviterebbero sconcertanti incidenti.
P.S. Questo post non è stato scritto sotto dettatura, ma è frutto di una mia ricerca di risposte in qualità di cittadino attivo e quindi possibile a quanti vogliono sapere