Nel mondo contemporaneo, l’individuo, nel configurare la propria identità in modo multidimensionalmente ‘fluido’ o sottoforma di cloud ad alta rarefazione o a condensazione ‘estrema’ all’interno dell’antispazio virtuale, appare sottoposto a costanti processi socio-culturali dinamicamente complessi per acquisire nuove identità, nuovi luoghi-non luoghi di essenza-appartenenza, nuove corporeità e nuove condivisioni, nel drammatico tentativo di configurare strumenti o azioni possibili per assicurare al meglio la propria sopravvivenza e immunizzare il proprio sistema io-sé-mondo dai costanti processi erosivi generati dalla contemponareità.
All’interno di questo complesso scenario-habitat, emerge, soprattutto in relazione ai processi di collasso/dissoluzione del sistema socio-economico vigente nel mondo cosiddetto avanzato, un particolare fenomeno che vede il soggetto Uomo far fronte a tali emergenze elaborando particolari strategie adattive estreme, quali, per esempio, l’uso di microunità abitative (molto simili nelle dimensioni a comuni loculi) quali ambienti/dimore, di emergenza ma anche per lunga permanenza, nei quali custodire il proprio essere al mondo, vivere la propria quotidianità e proteggere al meglio ciò che rimane della propria identità umana.
Un interessante viaggio all’interno di tali inquietanti realtà (nate soprattutto in seno alle ricorrenti crisi economiche globali degli ultimi due decenni e ben volute dagli ambienti economico-speculativi che ne hanno configurato una spietata fonte di lucro) è documentato da una serie di immagini realizzate dal fotografo Won Kim raccolte all’interno della propria sito web http://www.wonkimphotography.com nella serie denominata Living small.
Won Kim pone, come vettori della sua ricerca visiva, l’analisi delle condizioni dell’individuo e della sua angosciante matrice identitaria e materico-corporea all’interno delle alienanti selve urbane delle metropoli contemporanee del pianeta (quali quelle nipponiche), descrivendo le condizioni nelle quali versano comuni cittadini, professionisti, disoccupati, anziani, giovani lavoratori, studenti, figure costrette a forzate e onerose permanenze temporanee o di lunga durata in giacigli (la cui privacy è assicurata solo da una tenda e da pannelli di compensato che suddividono i microambienti ricavati da lunghi corridoi, e che offrono all’occupante, nel contempo, l’illusione di personalizzare il proprio habitat) ricavati all’interno di edifici adibiti a centri commerciali o uffici nella Tokyo del XXI secolo, in attesa di una occasione professionale o di una diversa collocazione all’interno dell’humus sociale.
Sulle ricadute cognitive di tali soluzioni architettoniche ancora si attendono dati scientifici certi, ma un elemento che emerge con particolare rilievo, e che induce alla riflessione, verte sul noto record di gesti suicidi che si registra nel paese del Sol Levante, un tempo paradigma di sviluppo tecnologico ed economico, oggi modello altamente dinamico di conflitti socioeconomici e culturali estremi.
Le Immagini nel post da: WON KIM – Living Small